Music & Photography non era nato intenzionalmente per fare recensioni di concerti locali, era nato per parlare prevalentemente di video musicali. Cioè di musica e fotografia perché dietro alla regia di un buon video c’è sempre un attento studio della “fotografia”.
Nella prima serie (30 post) abbiamo comunque già visto alcuni registi di video musicali (da Jospeh Khan, a Jared di Leto per i suoi stessi video, a Tanja Muinz e altri), questo numero è dedicato invece ad alcuni video di Lady Gaga e dei Gojra.
Li abbiamo visti di recente all’inaugurazione dei Giochi Olimpici di Parigi 2024:
Lady Gaga si è esibita sulle note di “Mon truc en plumes” di Zizi Jeanmaire in stile Moulin Rouge al Sully Bridge Area e per trasformismo, estetica, performance, credo sia cio’ che più si avvcini alla Madonna Luisa Ciccone dei tempi che furono;
I Gojra si sono esibiti sui balconi dello storico palazzo Conciergierie, per la prima volta quest’anno presenti (come rappresentanza del genere metal) noti soprattutto per i loro particolari testi legati a tematiche ambientaliste, sono stati uno dei pochi gruppi che in un breve periodo di tempo sono riusciti ad emergere da circoli di nicchia e diversi critici li considerano una importante band heavy metal degli anni 2010 anche per alcune sperimentazioni presenti nel sound.
I Videoclip quindi…
Il primo video videoclip di cui voglio parlare è quello del brano 911 di Lady Gaga, del 2020: stravagante, visionario, con un finale controverso, capace di catapultarti da una realtà quasi onirica alla realtà vera e propria è stato diretto da Tarsem Singh regista indiano di film come The cell ma anche vincitore nel 1991 del premio come miglior video musicale agli mtv awards, nonché regista di diverse pubblicità per coca cola e nike. Una fotografia con scelte cromatiche d’effetto.
L’ultimo video dei Gojra è The chant, del 2021 diretto da Russel Brownley, direttore di fotografia, montatore e regista, scomparso nel 2022.
Il video inizia con questo testo: dall'invasione del Tibet da parte della Cina nel 1949, 1.2 milioni di tibetani sono stati uccisi, oltre 6.000 monasteri sono stati distrutti e migliaia di tibetani imprigionati. E’ un genocidio culturale. Nel disperato tentativo di preservare la propria cultura, le famiglie tibetane mandarono i loro figli in salvo in Nepal, Bhutan e India, molti furono introdotti clandestinamente oltre il confine nascosti in scatole e casse di spedizione.
The chant significa: Il Canto.